Un secolo fa, la vita si prese una pausa che durò cinque anni. Lo spirito dei giovani e dei richiamati che combatterono quassù è monumento intatto e attuale. I parenti di Manaresi, Carteri,Faccini, Borgo, Molinelli, De Berardi- nis, Piantanida e molti altri si sono ritrovati ai piedi del Cauriol, nell’ombra lunga dei propri cari. Un appuntamento irrinunciabile per gli alpini di Feltre e di Caoria. In loro riconosciamo quell’Italia che vorremmo, che non ci stanchiamo di sognare: allegra, laboriosa . Un’Italia che onora la storia, per questo capace di guardare avanti.
Centenario della grande guerra.Un paesaggio alpino pressoché intatto, dunque selvaggio, è quello delle montagne che l’una dopo l’altra s’alzano a formare la . La strada che conduce a Caoria, piccola frazione del comune di Canal San Bovo, termina a ridosso di boschi profumati attraversati da un dedalo di sentieri che montano le cime. Salendo verso l’alto si incontrano numerosissimi manufatti legati alla Grande Guerra, ai reparti alpini in particolare. L’incanto e la verità del passato abbracciano il viandante e lo costringono a interrogarsi su ciò che accadde per conoscere il nome dei protagonisti e le loro vicende.Guida, in questo cammino, è il medico prestato alla storia Luca Girotto, appassionato conoscitore di ogni singola pagina di guerra vissuta tra la Valsugana, il Lagorai e la Val Cismon, ingaggiato dal gruppo alpini di Caoria per la due giorni a ricordo degli uomini che combatterono sul Monte Cauriol, un secolo fa. La regia è afidata a Renato Loss, alpino di Caoria, che si fa in quattro e non si risparmia. Vice sindaco entusiasta del suo paese.Sabato l’itinerario ha toccato i luoghi signiicativi del fondovalle a ridosso delle cime e il piccolo cimitero militare di Caoria. Trincee e postazioni in caverna a Pralongo e Refavaie, minuziosamente descritte dalle parole di Luca, impegnato in serata nel racconto della giornata del 27 agosto 1916 e dei fatti che videro protagonisti alpini e Kai- serjäger in quelle zone. Conferenza la sua, dedicata al grande amico e alpino William Faccini, scomparso lo scorso anno, il cui padre Bepi partecipò alle operazioni sul Cauriol nelle ila della 64ª compagnia del Feltre.Con logica serrata e abilità persuasiva in un’alternanza di immagini d’epoca e foto recenti, Luca ha mostrato gli scenari e le vicende di una guerra triste e lontana. Le parole interpretate dal coro Vanoi hanno disegnato i contorni più intimi dell’anima del soldato. Musica e immagini che sono rimaste nella mente di chi, l’indomani, ha raggiunto la croce di vetta del Monte Cauriol. Una breve cerimonia e quindi la discesa per raggiungere la chiesetta del Feltre, restaurata dagli alpini di Caoria. Capolavoro del fare.Accanto ai parenti dei combattenti, il Presidente della Sezione di Trento Maurizio Pinamonti con il Consigliere Renzo Merler, il vice Presidente della Sezione di Feltre Nicola Mione, il Capogruppo di Caoria Luigi Caser e il sindaco di Canale San Bovo Albert Rattin. Quindi la Messa accompagnata dal coro Ana Piave di Feltre e i discorsi delle autorità.
Nella primavera del 1916 gli alti comandi dell’Esercito Italiano decisero, per la prima volta dall’inizio della guerra, di dare il via a una massiccia controffensiva sulle Alpi di Fassa. Ai reparti di bersaglieri e di fanteria venne affidato il compito di conquistare Cima Cece, vetta più alta della Catena del Lagorai. L’azione sul Monte Cauriol avrebbe dovuto rivestire, invece, un semplice ruolo dimostrativo, richiamando in questa zona l’attenzione austriaca ed evitando così un possibile rafforzamento sulle posizioni più seriamente minacciate. Ma il destino non assecondò le aspirazioni dello Stato Maggiore italiano.
Il Kaiserjäger (cacciatore imperiale) è considerato il tipico soldato austriaco di montagna, la controparte del nostro alpino. Ma non è esatto. I cacciatori imperiali tirolesi (Tiroler Kaiserjäger) erano suddivisi in tre reggimenti, con arruolamento regionale limitato al Tirolo (Trentino compreso) e anche se combatterono in zone alpine, come le Tofane e l'Ortigara, erano fanteria leggera, un po' come i bersaglieri; tuttavia avevano costituito compagnie speciali d'alta montagna, chiamate Streifkompanien, una delle quali, la 1a , perderà il Como di Cavento nella famosa azione del 1917. I veri alpini austriaci erano i fucilieri tirolesi, i Landschuetzen, costituiti nel 1870 su 10 battaglioni. Discendevano dalle compagnie tiratori volontari di Andreas Hofer, l'eroe del Tirolo, fatto fucilare da Napoleone a Mantova nel 1810. Nel 1907 ebbero come emblema la stella alpina sul bavero, l'edelweiss; non potevano essere impiegati fuori dei confini del Tirolo, ma andarono a battersi anche sul fronte orientale contro i russi. Allo scoppio della guerra con l'Italia tornarono sul nostro fronte, e furono avversari valorosissimi. Nel 1917, l'imperatore Cario, succeduto a Francesco Giuseppe, li onorò del titolo di Kaiserschuetzen, cioè fucilieri "imperiali". Erano truppe d'alta montagna, sceltissime e praticissime, che sostituirono, durante il corso della guerra, le compagnie di Standschuetzen, cioè i tiratori scelti delle associazioni di tiro a segno (che esistono anche oggi in Alto Adige) mobilitati come truppe ausiliarie. Discendono direttamente dalle associazioni tradizionali volute dall'imperatore Massimiliano d'Austria, che già nel 1500 le aveva organizzate. Nel 1915 vennero mobilitati 45 battaglioni di Standschuetzen, che avevano come distintivo sul bavero l'aquila tirolese di colore rosso. Ogni reparto eleggeva i propri ufficiali, secondo la tradizione, e aveva una disciplina tutta sua; non facevano manovre, era impossibile farli marciare, ma avevano come motto «Dove sono resto e sparo a colpo sicuro». Molto simile al "Di qui non si passa" degli alpini. Non facevano il saluto militare, ma salutavano i superiori coll'augurio paesano "Gruess Gott" (Dio ti benedica) che si usa ancora in Austria, in Baviera e in Alto Adige. Avevano care due cose: un buon rancio, e frequenti licenze. Per il rancio volevano un cuoco di fiducia, che riceveva, oltre ai viveri militari, anche provviste inviate dalle famiglie e dalle case. C'erano poi quelli della Landsturm, i territoriali anziani, ottimi lavoratori di seconda linea, ed eccellenti combattenti, quando occorreva. Infine, gli appartenenti alle Militaerbergfuehrer Kompanien, le guide alpine militarizzate, con la piccozza e le iniziali B.F. (Bergfuehrer =guida alpina) come distintivo:elementi di eccezionale valore e di provate capacità. Uno dei primi ufficiali istruttori in queste compagnie fu il tenente Luis Trenker, guida della Val Gardena, di Santa Cristina, noto scrittore, e più tardi famoso regista e attore cinematografico. Altro famoso ufficiale fu il colonnello Georg Bilgeri, pioniere dello sci alpinistico, inventore dell'attacco da sci che porta il suo nome. Non possiamo dimenticare il compaesano Santo Loss “Santoni” che ha operato, durante la guerra, dal fronte del Lagorai al Col di Lana meritandosi anche una medaglia al valore.
Il Racconto di chi ha vissuto la guerra in prima linea Scrive il kaiserjäger Poda Gervasio: «...siamo partiti da Marano e nella mattinata de 6 arriviamo a Pressanone ove siamo restati alcuni giorni... partivamo da colla verso il Prener. La mattina arrivati a Insbruch la gente ci aspettava alla stazione e ci salutarono con grida di eviva. Il giorno 18 agosto la mattina la messa di campo in onore di nostro Imperatore e di fuori del paesello vi siamo radunati tutto il II Reggimento. La prima volta che si vedeva cosi tanti soldati, eravamo formati in collone e la nostra artilieria al di dietro. Dopo breve tempo il nostro curato di campo incomincio la santa messa che col suono della banda militare la scompagnava...». «...abbiamo lasciato il paesello e andati avanti e dopo alcuni giorni di marcia siamo arrivati a Leopoli città della Galizia, era una città molto lunga con vie molto sporche». ... «Andiamo in una casetta vicino e il padrone neda all’oggio a tutti... ne fece moto con un pezzo di pane e mangiamo affamati ne profitiamo della bontà del contadino e assieme mangiamo una cipolla che era squisita. Era una cameretta piccola e i suoi figli erano a letto e due donne sdraiate a terra su un po di fieno e alcune coperte di sacco. Mi immagino devono essere povera gente e ringraziandoli siamo a riposare...» «...Circa le 6 della mattina si udi il rombo del cannone che faceva strage su di noi nel ritirarmi sentii due palle che forarono la mia gamella che portavo sullo zaino lo schioppo il legno era tutto de staccato dalle fucilate nemiche ed io per grazia del Signore rimasi salvo molto meraviliato che fra quella tempesta di piombo riuscii sano, ...» «I nostri ufficiali ci proibiscono di abandonare i quartieri ma noi non curandoci del divieto scorgiamo per campi ucidendo i picoli maiali e i poli, che nel paese è abondanza, anzi spiato un alveare lo asaltiamo rubando il miele alle api che infuriate a sturni puncono il viso dei mal capitati...» «...arrivò una divisione di cavalleria Ungherese che fece l’assalto ad arma bianca e fece uno sterminio sopra i russi... visto che giammai altro rimedio più non cè che la morte... il nostro Mag. Devarda alzò una piccola bandiera bianca ed all’ora fermarono il fuoco...» «...siamo arrestati da 4 soldati russi ci avviano per una strada...» «...ci misero in marcia passando per questo paese i contadini» ... «ridevano contro di noi vedendoci vittime dei loro tradimenti e spionaggi e ci mostrano perfino i pugni». ... «Alla stazione molte donne ci offrivano in vendita uova pane latte ecc. mentre alcuni signori stavano intenti nel cambiare le nostre monete che da 20 C. si riceveva 6 Rubli. In quel giorno venne pure mancatoci tanti isoldi». ... «...nella città di Plavlodar città asiatica». ... «In questi paesi esiste 3 qualità di popoli l’Europeo il quale è il popolo più civile sia per la sua presenza sia dai costumi, sia per il vestire, il mongolo che a la faccia dun color giallo nerastro di media statura rassomiglia molto al cinese, ed il tartaro che si presenta da la facia schiaciata dun color narastro di bassa statura mapiutosto colosale». ...
ANNIBALE SALSA PRESIDENTE DEL COMITATO SCIENTIFICO DELL’ACCADEMIA DELLA MONTAGNA DEL TRENTINO
Antropologo, già Presidente del Club Alpino Italiano dal 2004 al 2010, Presidente del Comitato Scientifico di Accademia della Montagna del Trentino. Ha insegnato Antropologia filosofica e Antropologia culturale presso l’Università di Genova fino all’anno accademico 2007. Ha condotto studi e ricerche su tematiche relative alla genesi ed alla trasformazione delle identità delle popolazioni delle Alpi, soprattutto in rapporto alle problematiche dello spaesamento e dei rispettivi risvolti psico-antropologici ed etno-psichiatrici. Si occupa di temi e problemi attinenti l’Antropologia del turismo montano con particolare riferimento alle Alpi in generale.
ESCURSIONI E ITINERARI DI SCOPERTAImparare a conoscere il territorio in cui si vive è una tappa decisiva nel percorso di crescita di ogni persona che risulterà tanto più coinvolgente e appassionante se l’esplorazione avrà inizio fin da giovani, quando è più facile ricordare i luoghi e immaginare le vicende che li hanno segnati. Per questo anche una piccola pubblicazione può diventare un’opportunità formativa, aggiungendo un’autentica esperienza culturale al piacere di una camminata all’aria aperta. Questa collana, realizzata per iniziativa della Fondazione Accademia della Montagna del Trentino in collaborazione con il Museo Storico Italiano della Guerra, non è tuttavia solamente un contributo per accendere la curiosità dei ragazzi verso un passato che ha segnato radicalmente la vita dei loro bisnonni. In questi giorni in cui l’assurdità della guerra continua a insanguinare l’umanità, una visita diretta ai luoghi dove si combatté la Grande Guerra può diventare il discorso più efficace per promuovere un mondo liberato dalla violenza.
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