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Durante la Grande Guerra, il conflitto che tra il 1915 ed il 1918 oppose il regno d’Italia all’immenso impero d’Austria-Ungheria si sviluppò lungo un fronte che per centinaia di chilometri correva tra aspre catene montuose e profonde valli. Il Tirolo italiano, l’odierno - Trentino, fu uno dei punti focali dell’immane scontro e nella sua parte orientale la valle del torrente Vanoi, con la circostante catena del Lagorai-Cima d’Asta, fu direttamente coinvolta nei combattimenti.
Il Tirolo italiano, l’odiernoTrentino, fu uno dei punti focali dell’immane scontro e nella sua parte orientale la valle del torrente Vanoi, con la circostante catena del Lagorai-Cima d’Asta, fu direttamente coinvolta nei combattimenti. Al momento dell’entrata in guerra dell’Italia, 24 maggio 1915, l’impero austroungarico non disponeva più di forze sufficienti a difendere l’intero Trentino. Questo a causa dell’immane sforzo militare richiesto dai combattimenti sul fronte orientale, ove trovavansi impegnate tutte le pur vaste risorse belliche della duplice monarchia. Gli strateghi asburgici avevano perciò già messo in conto l’immediato abbandono d’ampie zone di confine allo scoppio delle ostilità: la conca di Primiero e la valle del Vanoi erano fra queste.
Le scarse truppe austriache disponibili nel Trentino orientale, in tutto circa tremila uomini, sin dalla fine di maggio si trincerarono su una linea che coincideva esattamente con il crinale principale della catena del Lagorai, una successione d’aspre creste, strette forcelle e rocciose cime che si estende per circa 55 chilometri da sud-ovest a nord-est tra il monte Panarotta e il passo Rolle, e che per caratteristiche orografiche offriva le migliori possibilità di una difesa efficace e durevole. Ultimo insediamento stabile alla testata del torrente Vanoi, dopo l’abbandono austriaco (maggio-giugno 1915) il villaggio di Caoria si trovò per lungo tempo in terra di nessuno. La guerra di pattuglie, con agguati ed imboscate reciproci, si protrasse fino al febbraio 1916, quando gli italiani occuparono stabilmente l’abitato.
Nel maggio del ’16 la popolazione, già in parte evacuata forzatamente dagli austriaci, venne allontanata dalle truppe italiane in previsione di un’offensiva nemica che poi non si materializzò in quest’area.Successivamente il fronte si spostò più in quota, verso le creste del Cauriòl, del Gardinàl e della Busa Alta e lì rimase fino alla ritirata italiana conseguente all’offensiva austro-germanica di Caporetto. Per tutto il 1918 Caoria, tornata sotto amministrazione austroungarica e parzialmente rioccupata da una parte della popolazione in precedenza sfollata verso l’Austria, rimase in piena retrovia asburgica e ridiventò, definitivamente, italiana solo alla fine della guerra. Per chi arrivi a Caoria lungo l’odierna strada provinciale da Canal San Bovo, il biglietto da visita del piccolo villaggio è costituito dall’ameno panorama dell’ex cimitero militare di Caoria stagliantesi sullo sfondo dell’imponente guglia di monte Cauriol. Collocata in pendenza, a lato della strada, sull’erta scarpata del versante idrografico sinistro del Vanoi, l’area cimiteriale si estende su una superficie di circa 73x27 metri, delimitata da una bassa cinta muraria perimetrale ed articolata su gradoni erbosi successivi sui quali trovavano posto le sepolture individuali. Una cappella in muratura, raggiunta ed aggirata da una scalinata in pietra, ne completa la parte superiore, ma l’elemento più appariscente è senza dubbio l’imponente croce marmorea poggiata su una piramide di granito bene in vista della piramide sommitale del Cauriol. Intento evidente del monumento è quello di evocare un paragone con la Santa Croce del monte Calvario e di conseguenza proporre un’analogia tra Cauriòl e Calvario, ovvero tra il sacrificio dei soldati caduti e quello del Cristo crocifisso. Due massicci tumuli in terra e pietra locale, eretti nel dopoguerra, affiancano a destra ed a sinistra la croce/Calvario e conservano tutt’oggi parte dei resti di 92 militari austroungarici ignoti e di 78 ignoti italiani. Il primo nucleo del cimitero militare di Caoria risale all’estate-autunno 1916, successivamente alle grandi battaglie che infuriarono dall’agosto all’ottobre di quell’anno nel corso delle offensive italiane per strappare all’avversario il crinale principale delle “Fassaner Alpen”. Fino ad allora, le regie truppe avevano provveduto a seppellire i loro caduti presso i cimiteri civili di Primiero e di Canal San Bovo; alcune inumazioni erano poi avvenute, e continuavano ad avvenire, anche in piccoli cimiteri occasionali realizzati in quota, appena dietro le prime linee (vedasi il cimitero di Refavaie) o addirittura su di esse.
Nucleo ferrari
Quando il numero di caduti iniziò ad essere rilevante, e le previsioni delle future offensive lasciavano poco da sperare circa la possibile inversione di questa tendenza, si iniziò a pensare ad un’area cimiteriale apposita presso il villaggio di Caoria che da mesi era ormai sede di comandi e importanti strutture logistiche di alpini, fanteria, genio e sussistenza. Stabilito dalla prima sezione di sanità della Croce Rossa, operante in zona, che quello di Caoria sarebbe stato il cimitero principale del sottosettore Vanoi, i lavori procedettero speditamente ad opera dei militari del Nucleo Ferrari ed il 2 novembre 1916 poteva avvenire l’inaugurazione dell’opera, come ricorda ancor oggi l’iscrizione incisa sul massiccio basamento lapideo della croce all’entrata. Da quel giorno la stragrande maggioranza dei caduti italiani del fronte compreso tra passo Cinque Croci e cima di Cece confluì a Caoria per la definitiva inumazione e parimenti si provvide alla graduale traslazione delle salme già precedentemente ospitate presso il cimitero delle Refavaie e nelle numerose sepolture provvisorie d’alta quota. Trovarono così ospitalità e riposo nel soffice humus del Vanoi gli eroi della conquista e della difesa del monte Cauriol, gli espugnatori del Cardinal e della Busa Alta, caduti tra l’agosto e l’ottobre del 1916, assieme ad alcuni austriaci e perfino qualche germanico che i combattimenti avevano lasciato esanimi nei boschi o sulle vette cadute in mano italiana. Erano spesso gli stessi commilitoni a “personalizzare” le sepolture con lapidi e piccoli monumenti intagliati nel granito, che in molti casi hanno potuto giungere sino a noi. L’occupazione dei terrazzamenti erbosi compresi all’interno della cinta muraria, che all’epoca non si estendeva al di sopra della cappella, procedette lentamente per tutto il 1917, anno durante il quale mancarono gli accaniti e prolungati combattimenti che avevano caratterizzato l’estate precedente.
Nel novembre 1917, con l’abbandono del Vanoi da parte italiana in conseguenza del disastro di Caporetto, il cimitero non venne utilizzato dagli avversari tornati padroni della valle poiché in posizione troppo arretrata; la linea del fronte in pochi giorni si era infatti spostata a sud-est, sul massiccio del Grappa. Gli austriaci provvidero tuttavia, per ragioni oggi ignote, alla parziale cancellazione (abrasione) dell’iscrizione originale che ornava la piramide lapidea evocante il Calvario. Successivamente all’armistizio procedettero alacremente sia il lavoro di recupero delle salme italiane ed austriache abbandonate insepolte sulle giogaie del Lagorai (ad opera di apposite sezioni di sanità) sia il graduale svuotamento dei cimiteri d’alta quota; queste attività determinarono la saturazione dell’area cimiteriale, imponendone l’ampliamento: nei primi anni venti venne abbattuto il muro di cinta posteriore, lateralmente alla cappella, per realizzare quattro ulteriori gradoni dei quali solamente tre vennero in seguito utilizzati per le inumazioni. A questa fase appartengono anche i due tumuli eretti sul primo terrazzamento, ai lati della croce lapidea, per accogliere i resti di caduti ignoti distinti solamente dalla nazionalità. Relativamente poche furono nell’immediato dopoguerra le famiglie che vollero o poterono richiedere l’esumazione dei loro cari per portarli nei cimiteri dei paesi d’origine, cosicché al 22 giugno del 1927 presso il cimitero militare di Caoria si censivano ancora ben 620 salme in fossa singola, 10 in fossa comune e 170 (92 austriaci e 78 italiani) nei tumuli all’ingresso.
Al settembre 1929 risale l’ultima inumazione, un soldato italiano ignoto proveniente dall’alpe Miesnotta. Con la decisione, presa dal regime fascista, di concentrare il maggior numero possibile di caduti in pochi grandi ossari monumentali, a scopo celebrativo/commemorativo sì, ma anche per ovviare all’impossibilità di mantenere decorosamente le centinaia di cimiterini sparsi per monti e valli, si giunse all’esumazione generale del maggio 1935. Dal 2 al 15 di quel mese si procedette dunque al recupero ed alla traslazione di oltre settecento salme: tredici giorni non furono però sufficienti per un lavoro accurato, tanto che sondaggi recenti sui luoghi delle sepolture individuali hanno rivelato che una parte considerevole di quelle spoglie mortali giace ancora nella terra sassosa di quell’angolo di Vanoi. Il graduale abbandono nel quale scivolò l’area cimiteriale nei decenni successivi alla sua dismissione, nonostante alcuni sporadici interventi di consolidamento della cappella e di riduzione della sempre più invadente vegetazione arborea, si protrasse fino agli inizi degli anni novanta del secolo appena trascorso. Il risveglio d’interesse per i lontani avvenimenti bellici e per le vicende delle popolazioni dell’area, registrato dopo il 1995, ha favorito un ritorno d’attenzione verso questo “luogo della memoria” che a partire dal 1997 è stato al centro dei progetti di recupero elaborati dal Gruppo Alpini di Caoria in collaborazione con il comune di Canal San Bovo e con varie articolazioni dell’amministrazione provinciale di Trento. Il risultato di quest’ultimo quinquennio di attività, nella quale il volontariato ha avuto un ruolo fondamentale, è la sistemazione dell’impianto cimiteriale originale con l’individuazione delle sepolture nominative, alle quali è stata nuovamente attribuita, ove esistente, la lapide originaria restaurata; nei casi, la maggioranza, in cui non sia stato possibile reperire la lapide, il cippo o il monumento funebre, la personalizzazione della sepoltura è stata realizzata mediante una croce metallica sulla quale una targhetta in materiale ceramico riporta i dati noti del militare ivi originariamente sepolto. È stato provveduto pure al ripristino dell’apparato monumentale costituito dal complesso croce/Calvario, dalla cappella votiva, dalle cancellate metalliche e dalla recinzione muraria d’epoca, così da esaltare ulteriormente il significato simbolico dell’insieme. Ma l’attività di recupero e ripristino ha permesso di appurare che non solamente simbolico è il valore dell’opera: come tra le zolle dei gradoni erbosi ancora oggi giacciono numerose le ossa dei sepolti noti ed individuabili, così anche al di sotto dei due alti tumuli posti lateralmente alla croce d’ingresso le spoglie dei soldati ignoti, austriaci ed italiani, riposano serenamente nella rinnovata pace cui fungono da guardie d’onore i severi pinnacoli del Cauriòl e del Gardinàl..Per il Gruppo Alpini di Caoria Dott. Luca Girotto
cimitero militare